Il socialismo cinese stà vivendo una crescita che mai nessuna grande nazione capitalista ha mai visto.
Negli ultimi 40 anni la crescita del PIL è stata mediamente del 9% annuo. Risultati simili sono stati ottenuti anche dalle altre due nazioni socialiste sulle quali, a differenza di Cuba e Nord Korea, non pesano embarghi, sanzioni e sabotaggi di vario genere ovvero Vietnam e Laos.
Il socialismo, grazie ai perfezionamenti iniziati dall'ecpoca delle riforme cinesi, stà dando di nuovo prova di superiorità sul capitalismo, come già avvenne in altre epoche in URSS e Yugoslavia.
Eppure non mancano da parte della stampa occidentale, che ricordiamo è di proprietà dei capitalisti occidentali, come in questo caso Il Sole 24 Ore quotidiano della Confindustria, previsioni di scenari apocalittici verso la Cina.
Ma è facile capire che sono solo maldestri tentativi di diminuire la fiducia degli investitori verso una nazione che, mentre l'occidente era in recessione dopo la crisi del 2008-09, continuava a crescere a più del 6%.
Questi tentativi esistono da tempo.
Gordon Chang scrisse un libro nel 2001 intitolato "L'imminente collasso della Cina".
https://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2019-01-14/cina-senza-nuovi-stimoli-rischio-una-crescita-2percento-150331.shtml
E' sempre interessante osservare le tecniche di informazione utilizzate dai media occidentali per portare avanti i loro scopi politici.
In primo piano c'è la foto di alcune operaie dell'industria tessile. Il vecchio luogo comune degli operai cinesi ultrasfruttati del tessile viene così rianimato. Non può essere fatto coi dati, che parlano di stipendi degli operai triplicati nei dieci anni dal 2006 al 2016, perciò lo si fa' con le immagini. Daltronde non può dare troppa visibilità a certi dati l'organo degli industriali italiani, gli operai italiani potrebbero mettersi in testa strane idee...
Vengono poi elencati alcuni "fattori-sintomo" di uno scenario che vedrebbe la Cina con una crescita al 2%. Questi sono "deboli vendite di autoveicoli, fiacchezza dei prezzi immobiliari e dalla fiducia dei consumatori, ristagno della crescita del money supply, calo del mercato azionario" ovvero tutti fenomeni già visti nella crisi del 2008-09, ma che anzi questa volta saranno certamente in una versione meno drammatica.
L'articolo chiude poi con «Il mondo è nei guai e la Cina ne sarà risucchiata in quanto cartina al tornasole del commercio globale». Toni decisamente troppo apocalittici. Fino ad ora le nazioni che hanno subito maggiormente le crisi globale sono quelle dell'anarchia di produzione del capitalismo, l'economia pianificata cinese ha dimostrato invece la capacità di attutire gli zig zag di un mondo nel quale la ricerca del profitto privato porta la prduzione nelle sue periodiche crisi.
Il forte sospetto è che dietro questi allarmismi sulla Cina ci sia l'interesse, provato anche dalla guerra economica scatenata da Trump con dazi ed arresti di dirigenti, a disincentivare la tendenza ad investire in un nazione ove esiste una maggiore stabilità economica, un mercato interno già immenso ed in espansione, ed una struttura della produzione che permette di non vedere svanire in una crisi economica gli investimenti come accaduto a molti imprenditori con le economie occidentali.
Ci rivediamo tra un anno per avere il responso statistico, quello sì, severo e imparziale.
Negli ultimi 40 anni la crescita del PIL è stata mediamente del 9% annuo. Risultati simili sono stati ottenuti anche dalle altre due nazioni socialiste sulle quali, a differenza di Cuba e Nord Korea, non pesano embarghi, sanzioni e sabotaggi di vario genere ovvero Vietnam e Laos.
Il socialismo, grazie ai perfezionamenti iniziati dall'ecpoca delle riforme cinesi, stà dando di nuovo prova di superiorità sul capitalismo, come già avvenne in altre epoche in URSS e Yugoslavia.
Eppure non mancano da parte della stampa occidentale, che ricordiamo è di proprietà dei capitalisti occidentali, come in questo caso Il Sole 24 Ore quotidiano della Confindustria, previsioni di scenari apocalittici verso la Cina.
Ma è facile capire che sono solo maldestri tentativi di diminuire la fiducia degli investitori verso una nazione che, mentre l'occidente era in recessione dopo la crisi del 2008-09, continuava a crescere a più del 6%.
Questi tentativi esistono da tempo.
Gordon Chang scrisse un libro nel 2001 intitolato "L'imminente collasso della Cina".
La storia ha dimostrato l'erroneità della sua tesi, anzi di più: il collasso è avvenuto nei paesi capitalisti.
Il 14 gennaio 2019 la tradizione si è rinnovata con l'articolo de Il Sole 24 Ore
"Cina: «Senza nuovi stimoli rischio di una crescita al 2%»"https://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2019-01-14/cina-senza-nuovi-stimoli-rischio-una-crescita-2percento-150331.shtml
E' sempre interessante osservare le tecniche di informazione utilizzate dai media occidentali per portare avanti i loro scopi politici.
In primo piano c'è la foto di alcune operaie dell'industria tessile. Il vecchio luogo comune degli operai cinesi ultrasfruttati del tessile viene così rianimato. Non può essere fatto coi dati, che parlano di stipendi degli operai triplicati nei dieci anni dal 2006 al 2016, perciò lo si fa' con le immagini. Daltronde non può dare troppa visibilità a certi dati l'organo degli industriali italiani, gli operai italiani potrebbero mettersi in testa strane idee...
Vengono poi elencati alcuni "fattori-sintomo" di uno scenario che vedrebbe la Cina con una crescita al 2%. Questi sono "deboli vendite di autoveicoli, fiacchezza dei prezzi immobiliari e dalla fiducia dei consumatori, ristagno della crescita del money supply, calo del mercato azionario" ovvero tutti fenomeni già visti nella crisi del 2008-09, ma che anzi questa volta saranno certamente in una versione meno drammatica.
L'articolo chiude poi con «Il mondo è nei guai e la Cina ne sarà risucchiata in quanto cartina al tornasole del commercio globale». Toni decisamente troppo apocalittici. Fino ad ora le nazioni che hanno subito maggiormente le crisi globale sono quelle dell'anarchia di produzione del capitalismo, l'economia pianificata cinese ha dimostrato invece la capacità di attutire gli zig zag di un mondo nel quale la ricerca del profitto privato porta la prduzione nelle sue periodiche crisi.
Il forte sospetto è che dietro questi allarmismi sulla Cina ci sia l'interesse, provato anche dalla guerra economica scatenata da Trump con dazi ed arresti di dirigenti, a disincentivare la tendenza ad investire in un nazione ove esiste una maggiore stabilità economica, un mercato interno già immenso ed in espansione, ed una struttura della produzione che permette di non vedere svanire in una crisi economica gli investimenti come accaduto a molti imprenditori con le economie occidentali.
Ci rivediamo tra un anno per avere il responso statistico, quello sì, severo e imparziale.
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