Questo articolo pubblicato sulla rivista Vuprosy ekonomiki n° 4 del 1963 evidenzia il tentativo di alcuni economisti sovietici di porre rimedio alle grandi inefficienze economiche che frenavano la crescita delle forze produttive in Unione Sovietica e che porteranno essa a perdere lo scontro contro l'accerchiamento imperialista culminato nelle rivoluzioni colorate che rovesciarono il socialismo dal 1989 in poi in Europa dell’Est.
La proposta degli autori dell’articolo altro non è altro che il socialismo di mercato attuato da Cina Laos e Vietnam.
L’autore
del blog si sente di opinare solo a questa affermazione “Le
aziende deficitarie non solo non dovrebbero aumentare di numero, ma
dovrebbe essere eliminata in via di principio la possibilità stessa
di una loro esistenza.”, in quanto talvolta è necessario mantenere
settori produttivi in perdita al fine di mantenere entro i confini
nazionali la produzione di merci necessarie all’andamento generale
dell’economia che durante le condizioni di accerchiamento
imperialista può essere difficile reperire, oppure vengono
impossibilitate all’importazione dall’imperialismo con le varie
misure di guerra militare, economica, finanziaria, o di altro tipo.
L. Vaag - S. Zakharov
Remunerazione dei fondi produttivi e profitto dell’azienda
La discussione sul perfezionamento della pianificazione e della direzione economica, condotta sulla nostra stampa, tende oggi sempre più a trasferirsi dall’analisi dei pregi e dei difetti di singoli indicatori del piano all’esame dei problemi inerenti all’introduzione di un criterio generale di valutazione dell’attività economica delle aziende e al miglioramento del sistema di interconnessioni tra le aziende, i sovnarkhoz e l’economia nazionale nel suo complesso.
Il XXII congresso del PCUS ha indicato nelle sue risoluzioni che il perfezionamento della pianificazione e della direzione economica deve avere come fine di interessare le aziende a ricavare il massimo di produzione col minimo impiego di mezzi, ad elevare la qualità dei prodotti, a introdurre le nuove tecniche, a utilizzare in modo efficiente i fondi produttivi e gli investimenti. Ciò significa che la pianificazione deve assicurare il coordinamento tra gli interessi delle aziende e quelli economici globali in base al principio: ciò che è vantaggioso alla società socialista, deve essere vantaggioso anche alla singola azienda socialista.
L’analisi delle deficienze concrete dell’attuale sistema di pianificazione e di valutazione dell’attività aziendale permette di rilevare che si producono spesso divari tra gli interessi dell’azienda e quelli dell’economia globale. Il che, a sua volta, ostacola il manifestarsi dell’iniziativa aziendale nell’ambito del piano economico nazionale. L’autonomia delle aziende nella soluzione dei problemi operativi della loro attività è stata finora impedita da un sistema capillare di regolamenti burocratici e di pressioni amministrative.
La stessa imperfezione dei metodi finora applicati di valuttazione e stimolo del lavoro è all’origine del fatto che gli obiettivi dei collettivi aziendali sono spesso divergenti rispetto agli interessi generali della società, sebbene la natura stessa dell’economia socialista dovrebbe escludere in linea di principio simili contraddizioni.
Nel corso della discussione sono emersi due punti di vista fondamentali. Alcuni economisti pensano che il problema possa essere risolto nel quadro dell’attuale sistema di indicatori economici, a condizione di includervi determinati indici concernenti « il volume di attività » dell’azienda (costo normativo di lavorazione, circolazione globale, produzione mercantile dedotte le spese materiali), differenziati per settore produttivo. Secondo altri economisti, la divergenza tra gli interessi della singola azienda e quelli generali può essere superata applicando un unico indicatore che esprima l’effetto economico terminale dell’attività, ossia l’indice del profitto. Sostenitore particolare di tale punto di vista è E. Liberman, il cui articolo sulla Pravda del 9 settembre 1962 ha avuto grande risonanza. Esaminiamo in dettaglio l’essenza del dibattito.
Sistema di valutazione e incentivazione basato su più indicatori e proposte per migliorarlo. L’attuale sistema di pianificazione e valutazione dell’attività aziendale contiene, secondo la nostra opinione, due difetti fondamentali. Il primo è che la pianificazione dell’attività aziendale è attuata in base al livello produttivo raggiunto, per cui le aziende che non hanno utilizzato l’anno antecedente tutte le loro riserve potenziali si trovano in condizioni avvantaggiate rispetto alle aziende che hanno lavorato meglio. Il secondo difetto consiste nella pluralità degli indici applicati e nella mancanza di un metodo oggettivo per ridurli a un unico indicatore generale che possa misurare esattamente in termini quantitativi l’effetto economico dell’attività aziendale.
Per determinare se un’azienda lavora bene o male sono stati finora applicati una serie di indici: l’adempimento del piano in base alla quantità e assortimento dei prodotti, in base alla lavorazione per addetto, in base al costo di produzione e al livello delle accumulazioni. Sono stati inoltre sovente impiegati altri indici contabili: la quantità di prodotto per unità di attrezzatura o metro quadrato di superficie produttiva, il volume di produzione per rublo di capitali fissi e altri indicatori in termini di valore e fisici.
È noto che nessuno di tali indici, singolarmente preso, è in grado di caratterizzare l’effetto economico dell’attività aziendale nel suo complesso. In particolare, in base all’adempimento del piano produttivo non si può, come è ovvio, giudicare il modo in cui lavora un’azienda, poiché sarebbe necessario calcolare i costi in base ai quali è stato realizzato il piano. Ciò è indiscutibile sia dal punto di vista teorico che pratico. Fino ad oggi tuttavia i risultati dell’attività sia dei dirigenti che dei collettivi aziendali sono stati valutati soprattutto in rapporto al grado di adempimento del piano di produzione globale, ossia all’indice di produzione globale. In base a tale indice, misurato per addetto, si determina il livello della produttività del lavoro, viene fissato il fondo salariale e si stabiliscono i premi.
Il difetto più grave qui non consiste tanto nel fatto che l’indice del prodotto globale dilata il volume effettivo della produzione in quanto comprende anche i prodotti non ultimati [nota: - È stato proposto di impiegare l’indice della produzione mercantile, in luogo dell’indice della produzione globale, in modo da includere nei calcoli solo i prodotti pronti allo smercio -], ma soprattutto nel fatto che il volume di produzione (globale e mercantile) non può caratterizzare In qualità dell’attività produttiva aziendale. La produzione globale e mercantile di ogni azienda include materie prime, materiali, combustibili, energia e semifiniti fabbricati da altre aziende. I prodotti consumati non dovrebbero essere considerati quale effetto dell’attività produttiva dell’azienda ma quali spese e dovrebbero essere quindi esclusi dal volume di produzione. Altrimenti si favorisce presso i dirigenti aziendali la tendenza a ricercare produzioni che comportano maggior impiego di materiali.
L’insufficienza degli indici concernenti il volume di produzione è generalmente ammessa dai teorici e dai pratici. È stata così avanzata recentemente la proposta di applicare, in luogo degli indici di volume della produzione, i cosiddetti indici di « volume di attività » dell’azienda, differenziati per settore, tra i quali ha attirato l’attenzione dei nostri economisti l’indice del costo normativo di lavorazione.
Tale indice, in base al quale si propone di pianificare e calcolare la produzione effettiva e di valutare l’attività produttiva delle aziende, include il salario e le spese generali. In altre parole, i costi normativi di lavorazione sarebbero i prezzi all’ingrosso, dedotte le spese materiali e il profitto.
Può l’introduzione di tale indice risolvere il problema di un’esatta valutazione dell’attività economica delle aziende?
Come ha dimostrato l’esperienza, la sua applicazione in una serie di settori — industria dell’abbigliamento, poligrafica ecc. — si è rivelata in certa misura vantaggiosa. Ad esempio, nelle fabbriche di abbigliamento è cessata l’abitudine di confezionare i vestiti con i tessuti più cari. Tuttavia l’indice del costo normativo di lavorazione non risolve il problema principale, che è quello di perfezionare i metodi di valutazione dell’attività aziendale, per le seguenti ragioni. In primo luogo, l’azienda non è interessata a economizzare sulle spese materiali, perché la grandezza del volume di produzione, valutata nelle norme del costo di lavorazione, non dipende dalle variazioni nei costi. In secondo luogo, poiché il costo normativo di lavorazione non include il profitto (la cui incidenza è relativamente maggiore nei prezzi dei prodotti di migliore qualità o deficitari), l’azienda non è interessata a fabbricare i prodotti più pregiati e importanti per l’economia nazionale. In terzo luogo, l’indice del costo normativo di lavorazione non riflette il grado di efficienza di impiego dei fondi produttivi. In altre parole, questo indice non risolve ancora il problema di determinare le spese correnti e il volume di fondi produttivi impiegati per un dato volume di attività dell’azienda. Esso può quindi essere utilmente impiegato, a condizione che vengano pure calcolati il costo di produzione, la produttività del lavoro, gli investimenti unitari e il rendimento dei fondi.
Coloro che sostengono l’introduzione di indici differenziati concernenti il volume di attività aziendale, ammettono che ta^i indici non possono esprimere l’efficienza di impiego dei fondi fissi: occorrerebbe quindi introdurre un indice particolare, quello del rendimento dei fondi. Ma in tal modo essi si contraddicono. Infatti, per misurare il volume di attività dell’azienda non si considera possibile né giusto utilizzare l’indice del prodotto globale e si propone di sostituirlo con l’indice del costo normativo di lavorazione, condizionatamente al prodotto netto, ecc. Contemporaneamente si propone di misurare l’efficienza di impiego dei fondi produttivi proprio in base al prodotto globale per rublo di. fondi fissi.
Ne deriva che l’introduzione di indici differenziati di volume di attività aziendale non eliminerebbe la necessità di valutare l’attività dell’azienda in base a più indici non omogenei, che variano secondo tendenze contraddittorie.
Ci si può obiettare che per calcolare le spese esiste l’indice specifico del costo di produzione. Ma come è possibile che tale indice rifletta l’efficienza di lavoro dell'azienda, se questa può, ad esempio, ridurre il costo aziendale con spese supplementari di beni capitali che non nono coperte nel periodo considerato? In tal caso si avrebbe una diminuzione dell’efficienza economica della azienda, considerata dal punto di vista degli interessi -generali. '
Né può fungere da misuratore generale della qualità di attività aziendale l’indice della produttività del lavoro, caratterizzato dalla quantità di prodotto per addetto. Tale indice può essere molto elevato in un’azienda, e perfino considerevolmente superiore rispetto ad altre aziende dello stesso settore, senza che ciò significhi che quell’azienda sia più efficiente delle altre, potendo essa avere un maggior costo di produzione o una maggiore dotazione di fondi produttivi.
.Abbiamo così visto che i singoli indici possono variare in direzioni contrapposte. Mancando un metodo oggettivo per cui possano essere ridotti a un unico indicatore generale, non è possibile stabilire se l’azienda lavora bene o male, e ancor meno determinare in quale misura migliora o peggiora la qualità del suo lavoro o darne una precisa valutazione economica.
Indice generale di valutazione dell’attività economica dell’azienda. Esaminiamo quali condizioni economiche devono presiedere al lavoro di un’azienda affinché, in conseguenza della sua attività, la società socialista divenga più ricca.
Secondo la legge fondamentale del socialismo, il fine dell’attività produttiva della società è di ottenere il massimo reddito nazionale in espressione materiale-fisica, in modo da soddisfare il maggior numero di bisogni individuali e sociali dei lavoratori. Si può quindi giudicare sull’efficienza economica di un’azienda dalla misura in cui la sua attività contribuisce ad accrescere il reddito nazionale della società. È necessario che il risultato dell’attività dell’azienda — la sua produzione in espressione di valore — superi del massimo possibile le spese effettuate dall’azienda per ottenere quel risultato.
Il calcolo delle spese complete di produzione è uno dei problemi chiave per migliorare il sistema di pianificazione e di valutazione dell’attività aziendale. Finora le spese di produzione venivano calcolate in base alle sole spese correnti di gestione, ossia al primo costo aziendale. I beni capitali investiti nell’azienda si riflettevano nelle spese solo nella forma di quote di ammortamento. Ma ciò non è sufficiente.
L’ammortamento non può essere considerato come una reintegrazione equivalente del valore dei fondi fissi. Lo Stato investe in una volta sola i capitali per i fondi fissi iniziali delle aziende, mentre il rimborso allo Stato attraverso le quote di reintegrazione si protrae per tutta la durata di uso dei fondi. Di tale divario nei tempi occorre tener conto.
È noto che i capitali incorporati nei fondi produttivi determinano il livello di attrezzatura tecnica delle aziende, ne condizionano l’aumento della produttività del lavoro e la riduzione dei costi. Secondo calcoli effettuati dall’Istituto delle macchine di direzione elettronica presso il Gosplan dell’URSS, per un rublo di capitali investiti nei fondi produttivi, si ottengono in media 20 copechi di prodotto addizionale.
Di conseguenza, un prelevamento di capitali dalle ricorse della società pari a K per impiantare un’azienda, aumenta le spese correnti della società, connesse allo sfruttamento di tutte le altre aziende, di una grandezza che rappresenta il 20 per cento degli investimenti iniziali K. Tale aumento non avverrebbe se quei capitali venissero utilizzati, anziché per costruire quell’azienda, per ridurre costi nelle altre aziende. Le spese correnti addizionali della società, pari a 0,2 K, causate unicamente dall’assegnazione dei fondi produttivi K alla data azienda, devono dii questa essere reintegrate e quindi aggiunte alle sue spese correnti. Le spese complete di produzione dell’azienda saranno quindi: C + rn K, in cui C è il primo costo aziendale, rn K le quote percentuali sui fondi produttivi di valore K, r n il coefficiente normativo di efficienza degli investimenti (pari a circa il 20 per cento).
Il metodo esposto viene già ora applicato per la valutazione dell’efficienza economica degli investimenti e delle nuove tecniche e quale strumento di incentivo per l’adozione dei procedimenti tecnici moderni. Esso non è stato tuttavia finora applicato per quanto concerne l’efficienza economica delle aziende in funzione. Le spese per le materie prime, i materiali, i combustibili e l’energia consumati dall’azienda sono detratte dal ricavo della vendita dei prodotti, mentre le macchine, le attrezzature e i fondi produttivi di base sono praticamente gratuiti. Per i fondi produttivi che le aziende ricevono dallo Stato esse versano al bilancio statale solo le quote di reintegrazione che, come si è detto sopra, non sono affatto sufficienti.
La gratuità degli investimenti e la mancanza di un interesse materiale diretto dei collettivi aziendali all’uso efficiente dei fondi produttivi spiegano la serie di deficienze inerenti all’impiego e al carico delle attrezzature produttive nella nostra industria. La stampa ha reso noti numerosi esempi che dimostrano quanto siano frequenti i casi di inattività delle macchine, quanto sia basso il coefficiente di rotazione e grande il parco delle attrezzature non installate, e anche casi estremi in cui macchine ancora efficienti vengono utilizzate come rottame.
Le aziende e i sovnarkhoz richiedono macchine, materiali, combustibili ecc. in quantità non giustificate, il che complica i rifornimenti materiali-tecnici, porta a una dispersione di mezzi e rallenta la circolazione economica. Una parte considerevole delle risorse materiali fuoriesce dall’ambito della produzione sociale. L’accumulazione di risorse materiali « a ogni costo » non si riflette sui costi di produzione e le aziende non incontrano in questo campo alcun ostacolo economico. Tali fenomeni sono stati finora combattuti solo con misure amministrative, attraverso una serie infinita di norme limitative. Ma ciò, com’è noto, non ha portato, ad alcun risultato.
L’introduzione nel sistema di calcolo economico dei principio di remunerazione dei fondi produttivi (e quindi l’inclusione nel valore dei prodotti di quote percentuali sugli investimenti) escluderebbe la possibilità di un loro uso irresponsabile e comporterebbe un forte miglioramento dell’intero sistema di pianificazione e direzione della economia. Dovrebbe con ciò essere stabilito un indice generale che caratterizzi in modo completo l’attività produttiva dell’azienda. Tale indice sarebbe determinato dalla differenza tra il prezzo della produzione mercantile annua dell’azienda e le sue spese complete E = Z — (C + rnK), dove E rappresenta l’effetto economico annuo, ossia il profitto dell’azienda, Z la valutazione monetaria della produzione mercantile annua dell’azienda, C + rn K le spese complete dell’azienda, inclusa la remunerazione dei fondi utilizzati che è parte integrante del reddito netto della società e come tale deve essere messa a disposizione del bilancio statale in grandezze rigorosamente fissate dal piano.
Se l’azienda, in conseguenza della sua attività, aumenta l’entità del profitto, secondo la formula riportata, ciò sarà l’indice di un effettivo miglioramento del suo lavoro. Il profitto dell’azienda può crescere attraverso l’aumento della produzione e il miglioramento della qualità dei prodotti — il che si riflette nella valutazione monetaria della produzione mercantile Z — e attraverso un risparmio e un uso più efficiente dei fondi produttivi K. In tutti questi casi l’aumento del profitto dell’azienda significa un reale incremento della ricchezza sociale.
Bisogna tener presente che l’indice proposto non elimina la necessità della presenza nel sistema di pianificazione dell’indicatore del volume di produzione (produzione mercantile). Ma esso elimina completamente la necessità di costruire in modo artificioso indicatori del volume di -
attività dell’azienda, differenziati per settore.
L’introduzione del principio di remunerazione dei fondi produttivi deve essere integrato collegando l’entità del fondo-incentivo aziendale all’effetto economico, ossia al profitto ottenuto dall’azienda. Ciò assicurerà la necessaria armonizzazione tra gli interessi del collettivo aziendale e dei suoi dirigenti e quelli generali.
Tale sistema solleciterà le aziende a un più efficiente uso delle loro capacità produttive. In quanto le aziende sapranno in anticipo che indipendentemente dalla quantità di prodotto ottenuto, devono pagare la stessa entità di remunerazione per i fondi di cui dispongono, i loro collettivi saranno interessati ad aumentare la produzione, poiché in tal modo diminuirà la remunerazione unitaria dei fondi e aumenterà in corrispondenza il profitto dell’azienda. Diverrà inoltre svantaggioso accumulare scorte eccessive ed economicamente non giustificate di materie prime, materiali e attrezzature.
Se si valuta l’attività dell’azienda in base alla grandezza del suo profitto, viene meno la necessità di pianificare dall’alto l’indice di riduzione dei costi. L’azienda stessa, essendo materialmente interessata a migliorare la sua attività, calcolerà e pianificherà le grandezze variabili che determinano l’effetto economico terminale. Nessuno potrebbe farlo meglio dell’azienda stessa. E non vi sarebbe nulla di terribile se in alcuni casi essa pervenisse coscientemente a un certo aumento del costo di produzione, se questo fosse coperto, ad esempio, da un corrispondente aumento della produzione, rimanendo costanti i fondi produttivi, e dal miglioramento qualitativo dei prodotti.
In futuro diverrà possibile anche sganciare l’entità dei premi dal livello massimo del fondo salariale. Poiché il profitto ottenuto dall’azienda contribuisce effettivamente ad accrescere il reddito nazionale della società, una certa parte di esso può essere trasferita al collettivo dell’azienda per fini sociali e per i premi individuali senza alcuna limitazione. Ciò solleciterà l’azienda a utilizzare sistematicamente tutte le possibilità di cui dispone per migliorare il lavoro.
In caso di remunerazione dei fondi produttivi non vengono adottate macchine che non possano coprire un versamento annuo nel bilancio statale pari al 20 per cento del loro valore. Ciò crea un ostacolo all’uso di macchine di scarsa efficienza. La meccanizzazione e l’automazione non saranno considerate — come spesso accade oggi — fine a se stesse, ma verranno introdotte solo quando daranno un effetto economico che aumenti il profitto dell’azienda, ossia il reddito nazionale della società. Contemporaneamente le aziende saranno economicamente stimolate ad adottare rapidamente nuove tecniche veramente efficienti, che riducano le spese e aumentino il profitto dell’azienda.
Gradualmente sarà pure possibile rinunciare alla distribuzione centralizzata dei materiali per contingenti di assegnazione (la quale in sostanza è una specie di sistema di tesseramento) e passare a un sistema di ordinazioni sulla base di accordi bilaterali diretti tra consumatore e fornitore, con una rigida regolamentazione dei termini di consegna e col pagamento di penalità in caso di danni causati all’azienda consumatrice dal mancato adempimento delle condizioni di consegna da parte del fornitore.
L’introduzione del principio di remunerazione dei fondi produttivi avrebbe influenza positiva anche sulla pianificazione delle costruzioni industriali. Oggi si ha sovente una situazione di grande tensione per quanto concerne le risorse destinate a costruzioni industriali. Ciò avviene perché i mezzi disponibili sono dispersi, non avendo gli enti economici di repubblica e i sovnarkhoz stimoli sufficienti per concentrare le risorse disponibili su un numero limitato di obiettivi. In condizioni di gratuità dei fondi, quando l'immobilizzo di beni strumentali non è valutato in termini di valore, è inevitabile la tendenza a intraprendere il maggior numero possibile di costruzioni in modo da ottenere dallo Stato la maggior quantità di risorse per la propria repubblica o sovnarkhoz. Gli interessi locali risultano in questo caso contrastanti con gli interessi generali.
Le proposte provenienti dalle repubbliche e dai sovnarkhoz per la costruzione di un dato impianto non poggiano su un calcolo esatto di efficienza economica. Ne risulta che si approvano sovente dei progetti di costruzione che non sono sufficientemente efficienti dal punto di vista degli interessi economici generali. Se il sovnarkhoz che ottiene dallo Stato i mezzi per la costruzione di un impianto dovesse versare ogni anno allo Stato una somma per la remunerazione dei mezzi, la costruzione di impianti antieconomici non sarebbe così frequente.
Il sistema di esigere una remunerazione per i fondi produttivi è in grado di influire positivamente anche sull’attività degli enti edili. Un progetto di costruzione, per cui sono previsti normali termini di costruzione, comporterebbe in base a tale sistema una quota remunerativa percentuale ai fondi produttivi delle organizzazioni edili, e una quota relativa all’entità delle costruzioni incompiute. Il valore completo preventivo della costruzione includerebbe così questi pagamenti. Se l’ente edile utilizza razionalmente i suoi fondi, riduce il periodo di costruzione, distribuisce razionalmente le spese nel tempo, riducendo il periodo di immobilizzo dei mezzi, ciò si riflette sulla riduzione del costo di costruzione rispetto al preventivo, e quindi sull’entità dei premi per il collettivo dell’ente.
La valutazione dei risultati dell’attività aziendale in base alla grandezza del profitto ottenuto dalle aziende, dopo che queste hanno regolato tutti i conti con i fornitori, i consumatori e lo Stato, permetterebbe di organizzare un permanente controllo attraverso la contabilità monetaria. Ogni consumatore controllerebbe il suo fornitore per quanto concerne i termini di consegna dei prodotti, la loro quantità e qualità. In tali condizioni non sarebbero possibili maggiorazioni artificiose del livello di realizzazione del piano, poiché i calcoli verrebbero effettuati non in base a cifre bensì a grandezze reali, ossia al ricavo ottenuto dalla vendita dei prodotti. Se il consumatore non riceve dal suo fornitore i prodotti nella quantità e qualità stabilite e nei termini concordati non pagherà la somma corrispondente al fornitore, in quanto la violazione delle condizioni di consegna da parte di questo si riflette negativamente sui suoi indici economici. Inoltre l’azienda consumatrice ha il diritto di esigere dal fornitore inadempiente il risarcimento dei danni.
Perfezionamento del sistema di formazione dei prezzi. L’introduzione nel sistema di calcolo economico del principio di remunerazione dei fondi produttivi e degli investimenti comporta una revisione dei principi essenziali che presiedono alla formazione dei prezzi.
Gli attuali prezzi all’ingrosso calcolano il primo costo aziendale di produzione e assicurano alle aziende nella maggior parte dei settori produttivi una certa quota di profitto. Tale sistema è stato finora accettabile, in quanto le aziende non hanno altre spese al di fuori di quelle che rientrano nel primo costo aziendale.
Una parte considerevole del prodotto addizionale creato dalle aziende della I sezione della produzione sociale (beni strumentali), non si riflette nei prezzi all’ingrosso delle aziende, e non viene quindi prelevata sul luogo di produzione. Essa perviene al bilancio statale nella forma di imposta di circolazione, realizzata prevalentemente attraverso i prezzi dei prodotti della II sezione della produzione sociale (beni di consumo). Ciò da un lato altera la misura effettiva del contributo dei diversi settori alla creazione del reddito nazionale, e dall’altro porta alla esistenza di due livelli di prezzi: i prezzi dei mezzi di produzione che sono inferiori alle spese complete necessarie per la loro produzione; i prezzi dei beni individuali di consumo che sono superiori alle spese. Il che comporta una ulteriore alterazione dei calcoli economici di valore, poiché, in base ai prezzi, le spese per la produzione dei beni strumentali e dei beni di consumo divengono incomparabili.
Nelle nuove condizioni di calcolo economico i prezzi dovrebbero garantire a tutte le aziende che lavorano in condizioni normali la possibilità di effettuare allo Stato pagamenti proporzionali al valore dei loro fondi produttivi. Secondo calcoli effettuati dall’Istituto delle macchine di direzione elettronica presso il Gosplan dell’URSS, mantenendo l’attuale livello dei prezzi al minuto dei beni di consumo individuale, i prezzi dei beni strumentali dovrebbero essere aumentati in media dell’80 per cento. Tale revisione dei prezzi garantirebbe il mantenimento dell’attuale livello di entrate nel bilancio statale. La differenza consiste solo nel fatto che gli introiti, che oggi avvengono attraverso l’imposta di circolazione, sarebbero sostituiti dai pagamenti effettuati direttamente dalle aziende percentualmente ai fondi produttivi.
È da rilevare che questi calcoli si basano sul presupposto che venga mantenuto l’attuale livello dei prezzi dei beni di consumo individuale. Tale condizione permette di non modificare i livelli dei salari e delle altre entrate monetarie della popolazione. Viene modificata solo la struttura interna dei prezzi dei beni di consumo individuale. L’espressione monetaria del loro costo di produzione aumenta causa l’elevamento dei prezzi dei beni strumentali, ma il profitto e l’imposta di circolazione contenuti nei prezzi diminuiscono della stessa entità corrispondente alla remunerazione dei fondi. Verrebbero inoltre eliminati i divari nei livelli dei prezzi che rendono incomparabili in termini di valore le spese sociali per la produzione dei beni strumentali e dei beni di consumo individuale.
Il perfezionamento del sistema di pianificazione richiede anche una valutazione più esatta, di quanto non avvenga ora, della qualità dei prodotti, del loro valore di uso. Occorre attenersi rigorosamente al principio secondo il quale prodotti fungibili sotto l’aspetto quantitativo e qualitativo, fabbricati in settori diversi dell’industria, devono avere prezzi eguali. Nella fissazione dei prezzi occorre considerare non solo le spese complete di produzione, ma anche l’importanza economica dei singoli tipi di prodotti.
È largamente diffusa l’opinione che in un’economia socialista un’azienda possa essere deficitaria, anche se produce beni estremamente necessari all’economia nazionale. Si tratta di un’immagine deformata delle leggi economiche. Se un prodotto è necessario all’economia nazionale, il suo prezzo deve coprire i costi dell’azienda.
Oltre alla revisione dei prezzi, l’introduzione del principio di remunerazione dei fondi produttivi esige una nuova valutazione dei fondi produttivi presenti nelle aziende e il calcolo della loro reale efficienza. Tale misura è necessaria per porre tutte le aziende che lavorano normalmente in condizioni identiche al momento dell’introduzione del nuovo sistema di calcolo economico. Se vi è, ad esempio, un’azienda che è fornita di attrezzature particolarmente efficienti o lavora in condizioni eccezionalmente favorevoli, essa dovrà fornire un profitto maggiore rispetto alle altre aziende che fabbricano produzioni analoghe. Con tale nuova valutazione il profitto di tutte le aziende non dovrebbe superare di molto il 20 per cento dei loro fondi produttivi.
Tale grandezza percentuale è approssimativa e può essere ulteriormente precisata. Essa potrà variare nel tempo in rapporto ai fini della società socialista nei diversi periodi, il che si rifletterà nel piano di distribuzione del reddito nazionale in accumulazioni e consumo. La remunerazione dei fondi non deve includere l’intero profitto. La parte essenziale del profitto realizzato dall’azienda sarà versato nel bilancio statale, una parte minore resterà alla azienda e costituirà l’unica fonte per gli incentivi del collettivo aziendale. Poiché le aziende si differenziano tra di loro sia per il numero di addetti sia per il livello di attrezzatura tecnica, le condizioni concrete di formazione dei loro fondi di incentivazione materiale devono pure differenziarsi. Occorre tuttavia sia osservato un principio generale: se le aziende migliorano il loro lavoro e recano un maggior contributo all’economia nazionale, una parte di tale maggior contributo, rigorosamente proporzionale alla sua entità, deve essere impiegata per incrementare i fondi di incentivazione materiale di quelle aziende. La parte restante deve essere versata al bilancio statale per le esigenze delle repubbliche e dei sovnarkhoz.
Alcuni economisti hanno espresso il timore che la remunerazione dei fondi produttivi possa far aumentare il numero di aziende deficitarie. È questo un errore che non tiene conto del fatto che la remunerazione dei fondi produttivi comporta la contemporanea introduzione di nuovi prezzi che includono il pagamento delle quote remunerative. Le aziende deficitarie non solo non dovrebbero aumentare di numero, ma dovrebbe essere eliminata in via di principio la possibilità stessa di una loro esistenza.
In seguito alla riforma proposta dovrebbe ricevere grande impulso l’iniziativa dei collettivi aziendali. Essi non sarebbero più vincolati, come sono ora, da decine di indicatori che regolano la loro attività. Sarebbe necessario e sufficiente, per migliorare l’intera attività dell’azienda, migliorare un solo indice, quello del profitto. In tali condizioni, risulterebbe alleggerito e nello stesso tempo consolidato il controllo sull’attività produttiva dell’azienda da parte delle organizzazioni sociali e di partito: basterebbe verificare un unico indice, nel quale si riflettono tutti gli aspetti dell’attività nazionale.
Ruolo accresciuto del profitto. Come è noto, attualmente ogni tentativo di fare del profitto l’indicatore fondamentale della qualità di lavoro dell’azienda incontra forti opposizioni. Da un lato si obietta che, dato il sistema di prezzi in vigore, il profitto fornisce un’immagine alterata dell’efficienza reale di un collettivo aziendale. Dall’altro, si afferma che il profitto non può riflettere l’essenza della produzione socialista. « Per sua natura — scrive ad esempio A. Tolkacev — il profitto non può fungere da indicatore fondamentale nella pianificazione economica, poiché lo scopo della produzione socialista è la creazione di beni materiali e non il perseguimento del massimo profitto » [nota 1 - « Nepreryvnost v planirovanii i pokazateli gosudarstvennovo pinna », Ekonomizdat, 1962 p, 66. - ] .
Per quanto concerne la prima obiezione, è indiscutibile che l’esattezza dell’indicatore del profitto è direttamente condizionata dal grado di perfezionamento dei prezzi. Se viene introdotto un sistema di prezzi scientificamente fondato, nel quale i rapporti tra i prezzi riflettono la qualità dei diversi tipi di prodotti e la loro importanza economica, in tal caso l’espressione monetaria dei prodotti di un’azienda corrisponde esattamente ai risultati del lavoro di quell’azienda e il profitto ha un effettivo contenuto materiale. L’obiezione non deve quindi essere rivolta all’indicatore del profitto, ma ai principi in base ai quali sono formati i prezzi.
Per quanto concerne la seconda obiezione, è indiscutibile che fine della produzione socialista è il soddisfacimento dei bisogni materiali e culturali crescenti dei lavoratori. Ma è altrettanto indiscutibile che l’aumento del livello di vita materiale e culturale presuppone il costante ampliamento del volume della produzione materiale, ossia del reddito netto della società.
Tale sottovalutazione del profitto, già contenuta in un libro di Bukharin, fu, come è noto, criticata da Lenin. La formula di Bukharin era: « La produzione, in condizioni di predominio del capitale, è produzione di valori addizionali, produzione per il profitto. In condizioni di predominio del proletariato, la produzione è diretta a soddisfare i bisogni sociali ». Lenin scriveva: « Non è vero. Anche il profitto soddisfa bisogni ”sociali”. Dovrebbe dirsi: dove il prodotto addizionale non viene prelevato dalla classe dei proprietari ma da tutti i lavoratori e solo da essi » [nota 2: - Leninskii sbornik XI, p. 381-382. -].
Il profitto, che nel socialismo ha un contenuto sociale-economico completamente diverso, può fungere da indicatore principale della produzione socialista. Su scala globale, l’aumento del profitto è indice di una maggiore efficienza della produzione sociale. Per quanto concerne la forma in cui il profitto può caratterizzare l’efficienza della singola azienda, esistono tuttavia diverse opinioni.
La stessa proposta di utilizzare il profitto quale indice generale di valutazione dell’attività produttiva delle aziende non è nuova. Numerosi economisti sovietici — Z. Atlas, I. Malyscev, V. Soboi e altri — la sostengono da molti anni. I difensori di tale tesi propongono di commisurare il profitto all’entità dei fondi produttivi delle aziende. Noi pensiamo che sia necessario dedurre dalla somma globale del profitto una norma di profitto (rn K), che corrisponda alla remunerazione dei fondi. Altri propongono di assumere come criterio la redditività della azienda, ossia il rapporto tra la somma globale del profitto e i fondi produttivi.
Liberman, a sua volta, ha costruito una scala di incentivi connessa sia al saggio di redditività, sia all’entità dei fondi produttivi. Pur condividendo pienamente le tesi fondamentali sulla funzione del profitto sostenute da Liberman, consideriamo che la sua proposta circa la determinazione del fondo di incentivi materiali non sia felice. Come è già stato rilevato, la scala di Liberman potrebbe stimolare le aziende a dilatare i fondi produttivi, in quanto l’entità dell’incentivo è direttamente connessa alla grandezza dei fondi. Anche il principio di collegare l’incentivo al saggio di redditività non ci sembra giusto. Supponiamo di dover risolvere il problema: a quale azienda destinare, a scopo di riammodernamento, 10 milioni di rubli di cui dispone un sovnarkhoz. In base ai progetti elaborati, è possibile riammodernare due aziende: nella prima, le spese correnti annue si ridurrebbero di 1,1 milione di rubli, nella seconda di 4 milioni di rubli. È evidente che i 10 milioni devono andare alla seconda azienda, perché in tal caso l’economia nazionale realizza un maggior risparmio annuo di 2,9 milioni.
Ma se l’entità del fondo di incentivazione è connessa al saggio di redditività, la soluzione adottata risulta contraddittoria rispetto agli interessi delle aziende, come risulta dalla tabella.
|
Unità di misura |
Azienda I prima dopo il rinnovo |
Azienda II prima dopo il rinnovo |
||
Fondi produttivi |
milioni rubli |
20 |
30 |
40 |
50 |
Profitto |
milioni rubli all’anno |
1 |
2,1 |
20 |
24 |
Redditività |
In percentuale |
5 |
7 |
50 |
48 |
La prima azienda è interessata al riammodernamento: la sua redditività aumenta del 2 per cento e quindi cresce anche il fondo di incentivo. La seconda azienda non è interessata, in quanto la sua redditività diminuisce. Gli interessi dell’azienda e dell’economia nazionale in questo caso non coincidono.
Da questo esempio risulta che la proposta di interessare le aziende alla massima redditività non è giusta. In alcuni casi ciò può frenare l’adozione di tecniche avanzate, in altri stimolare l’introduzione di tecniche di scarna efficienza.
Da simili inconvenienti è esente la nostra proposta di assumere come criterio principale di valutazione e stimolo dell’attività aziendale il profitto dell’azienda, introducendo contemporaneamente il principio di remunerazione dei fondi produttivi.
Vuprosy ekonomiki, n. 4, 1963.
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